di Flore Murard-Yovanovitch e Paolo Izzo

di Flore Murard-Yovanovitch e Paolo Izzo



mercoledì 17 novembre 2010

9. Se una notte d'inverno uno psichiatra...

Non vorremmo incontrare di notte, in una strada buia, fredda e isolata, lo psichiatra Vittorino Andreoli. Non tanto per l’inquietante foggia tricologica che ha contribuito a renderlo popolare (televisivamente parlando). Quanto per ciò che ha scritto il 15 novembre scorso sul Corriere della Sera: "Siamo circondati da nemici e sono pronti a ucciderci, per un nonnulla, per una banalità... Schegge di violenza che possono colpire chiunque... Una violenza pulsionale, come se l’uomo avesse perso i freni inibitori”.
 Arrivando persino a teorizzare: “E' in corso una metamorfosi antropologica e si profila un uomo pulsionale, istintivo e selvaggio, senza più il senso di colpa... C’è in ciascuno di noi un serbatoio di frustrazione che può fare una strage...".
Dunque, saremmo circondati. Dal Male che ribolle in persone-pentole pronte a esplodere per un nonnulla. Tutti potenzialmente assassini incontinenti, perché tutti “lupi-pazzi”, come millenariamente martellano i detentori della vulgata ufficiale. Ma quello che è ancora più grave, nell'allarme dello psichiatra, è che egli non riesce proprio a pronunciare le parole "malattia mentale".
Solito discorso: siamo originariamente pazzi e peccatori e se non agiamo la nostra peccatrice pazzia è soltanto grazie a presunti "freni inibitori" e al “senso di colpa”, imposti dall’alto di società e chiese. Ergo: più sicurezza, più controllo, nessuna libertà, altrimenti ci scanniamo! E perché non posizionare un esorcista agli angoli di tutte le strade?
Una cosa Andreoli è costretto ad ammetterla, con una sentenza che evidentemente lo riguarda: "La psichiatria, che era la disciplina che si occupava di comportamenti sani e malati e che si proponeva di curare chi si comportava in maniera pericolosa, è confusa". Ce ne siamo accorti, caro professore.
Ma non pensavamo, con il nostro inguaribile ottimismo della Nascita, di dover guardarci le spalle anche dagli specialisti, da cui ci aspettiamo semmai di ricevere analisi concrete di ciò che accade, non ulteriori deliri catto-hobbesiani-freudiani.

sabato 6 novembre 2010

8. Depressione politica


Già da qualche giorno, un quesito che il lettore Paolo Baruffaldi ha rivolto a "la Repubblica" sui nessi tra depressione e clima politico-culturale, ci risuona nel profondo. È la rubrica delle lettere ai giornali che spesso diventa antica Agorà, fucina di idee, luogo di sincerità (tanto che talvolta vi ricorriamo anche noi...).
Ed è sempre notevole che sia un lettore, molto più efficacemente di tanti commentatori professionisti, a centrare il "latente" della deriva politico-culturale italiana, riassumendo mille interrogativi in un'unica sentenza. Il signor Baruffaldi semplicemente domandava al giornale del 2 novembre (senza purtroppo avere una risposta): "E' possibile che un individuo si ammali a causa del clima culturale dell'epoca?".
Per noi la sua domanda è pleonastica: sì, un clima politico-culturale ammalato non può non avere effetti sulla psiche dell'individuo, che non è una "bolla", ma è per sua natura sociale e interumana. Se politica e cultura sono violente nell'annullare la realtà, la verità, l'identità e la vita stessa della persona, quest'ultima può stare male. Dunque, il clima da abisso psicopatologico in cui viviamo può ammalare le menti, eccome! Gli esempi sono sotto i nostri occhi: omicidi reiterati, xenofobia dilagante, feudalizzazione sociale, oscurantismo religioso, spettacolarità del nulla e contestuale annullamento di ciò che è irrazionale, vitalità e fantasia.
L'urgenza di capire i nessi tra la malattia mentale e una politica/cultura velenosa è la base del nostro laboratorio, nonché proprio del lavoro di queste settimane e le domande che gridano un'esigenza di risposta sono l'humus... interumano della nostra ricerca. Per ribellarsi, senza ammalarsi.