di Flore Murard-Yovanovitch e Paolo Izzo

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sabato 23 ottobre 2010

6. Difendersi da una "Cultura" che avvelena

Questa settimana dovremmo prendercela un po' con tutti: Lucetta Scaraffia e Claudio RiséAdriano Sofri e Francesco PiccoloElena Dusi e Carlo Picozza, e poi ancora Umberto GalimbertiPietro CitatiEmanuele Severino e Umberto Eco. Sono decisamente troppi, non ce la faremmo in queste poche righe, ma ci proveremo comunque nelle prossime settimane, affrontandoli uno ad uno.
Per adesso li includiamo sotto una sola categoria, che a loro farà pure piacere, ma che a noi piace sempre meno per il suo alto contenuto di tossicità: CULTURA. Quella che ci viene propinata quotidianamente dai giornali; quella che ritiene di possedere in tasca ogni verità; quella che plagia, inculca, pedagogizza, didascalizza, pontifica, monopolizza, devia o cerca di deviare le nostre menti.
Ci vuole tanta resistenza e la certezza-esperienza di un'altra realtà umana, per rifiutare ogni mattina il martellamento di questa cultura dominante perversa, che ci vorrebbe tutti malati originariamente, dalla nascita. Tutti criminali e malefici peccatori, dall'origine. Controllati semmai dalla coscienza o dalla fede.
Una cultura che sguazza felice in un teorema catto-freudiano e che da decenni, se non da secoli e millenni, con l'ineluttabilità di una natura umana violenta, sancisce l'autorità delle istituzioni, sacre e non, che terrebbero a bada i nostri istinti animaleschi. Una cultura che, da qualsiasi angolo la si osservi, lavora instancabile per convincerci che il Male è dentro ognuno di noi, per prospettarci un destino di marionette obbedienti e identificate, per smarrire la creatività, la vitalità, la fantasia e la sanità degli esseri umani e soprattutto soprattutto convincerci che nessuna trasformazione sia possibile.

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