di Flore Murard-Yovanovitch e Paolo Izzo

di Flore Murard-Yovanovitch e Paolo Izzo



lunedì 11 aprile 2011

13. L'identità irrazionale è il nuovo umanesimo

Per una volta e insolitamente rispetto al suo stile, la Repubblica - il 2 aprile scorso - ci ha fornito un abbozzo di dibattito controcorrente: affidandosi a due pensatori del calibro di Edgar Morin e David Brooks e sotto lo slogan “Puntate sul quoziente emotivo”, il giornale fondato da Scalfari sembra aprirsi ad una critica del razionalismo illuminista. Eppure, fingendo di minare un tabù della nostra civiltà, quello del dominio incontrastato della Ragione, in verità finisce per cementare ancora di più questo primato.

L'inizio è ingannevole. Per il francese Morin, una “visione riduttiva e semplicistica della razionalità è all'origine dell'odierna dittatura del calcolo, che il razionalismo occidentale considera una condizione necessaria e sufficiente per dominare la realtà”, conducendoci alla distruzione del nostro stesso pianeta. L'americano Brooks va anche più a fondo, parlando di “distorsione della nostra cultura, che esalta il razionale e il cosciente, ma resta nel vago sui processi in atto negli strati più profondi. Siamo bravissimi a parlare di cose materiali, ma quando si tratta di emozioni la nostra abilità viene meno”. Entrambi i filosofi, cioè, intuiscono l’urgente necessità di un cambiamento di paradigma della nostra civiltà, verso la riscoperta del “potere conoscitivo delle passioni e delle emozioni” (Morin) e di “qualità emotive”, “sintonia”, “simpatia” e “empatia”, come sottolinea Brooks, il quale arriva addirittura ad affermare che “la parte più importante della menta umana è quella inconscia”!

I dolori arrivano quando i due propongono la loro ricetta per “curarsi” dalla razionalità, perché il rimedio pare più velenoso dell'avvelenamento e dimostra quanto la cultura occidentale resti sempre prigioniera dei suoi retaggi. Morin non solo ripesca l'Illuminismo, che è il principale adoratore della dea Ragione, sebbene lo condisca in una sentimentale salsa romantica e rousseaviana, ma persino auspica “un'altra razionalità, aperta e autocritica”... Brooks che, al contrario, sa distanziarsi dalla visione illuministica perché responsabile in primis di una “concezione amputata della natura umana”, tuttavia ricade con tutte le scarpe nei due imbrogli, rispettivamente millenario e centenario, della religione cattolica e di quella freudiana.

Drammaticamente sintomatico che dai testi di entrambi i pensatori sia assente la parola “sogno”, cioè un riferimento a quel terzo di vita che ciascuno di noi trascorre nella dimensione non cosciente. Che è “pensiero per immagini”... Come si fa a contrastare una Ragione onnivora e distruttiva, senza una ricerca sul pensiero irrazionale? Come si fa ad auspicare un nuovo umanesimo, senza includere quella parte fondamentale che non è veglia, linguaggio articolato, comportamento? Ineludibile, in tal senso, quanto sostenuto dallo psichiatra Massimo Fagioli: “E' necessario, per pensare e sapere la realtà del pensiero senza coscienza, rifiutare il metodo razionale che ha fatto la conoscenza della realtà materiale. E’ necessario scoprire e realizzare l’identità irrazionale che è soltanto dell’essere umano” (M. Fagioli, Il Pensiero Nuovo, Ed. L'Asino d'oro 2011).

Ci vuole un salto di pensiero, appunto. Che non taccia più la verità della realtà della mente umana che è “capacità di immaginare”. Per un nuoto libero, in acque davvero limpide e nuove, che non si lasci avviluppare dalle alghe dell'alleanza mostruosa tra alienazione religiosa e razionalità, occorre recepire finalmente la Teoria della nascita fagioliana secondo cui l'essere umano è sano di mente dal primo istante della sua venuta alla luce. Ed è in rapporto con gli altri sin dall'inizio della sua vita: un interumanesimo naturale del genere umano alla nascita. Ricreando di volta in volta quella sanità originaria, si può quindi pensare e avere fiducia in un rapporto nonviolento tra esseri umani, fondato su desiderio investimento interesse per l'altro e sulla reciproca realizzazione di un'identità creativa, che è soltanto umana.
La vera sfida del secolo è rifondare l'umanesimo sull'identità irrazionale dell'essere umano.